Obama in Afghanistan

Obama a sorpresa in Afghanistan, titolano oggi i giornali, ma la sorpresa, in realtà, non c’è. La visita del Presidente americano era già stata rivelata nei giorni scorsi, poi smentita dal Pentagono e quindi effettivamente eseguita. La vicenda è indicativa di come stanno andando le cose in Afghanistan, dove tutti, Taleban compresi, sembrano conoscere la realtà dei fatti, compresi gli spostamenti di Obama, prima ancora che questi vengano annunciati. Nei giorni scorsi è scoppiata una polemica per come l’ISAF, la forza internazionale presente in Afghanistan, manipoli le notizie relative alle operazioni condotte contro i ribelli: il portavoce ISAF, infatti, accredita le forze afghane per ogni successo riportato contro i Taleban, per mostrare che le truppe locali sono in grado di sostenere la lotta da soli, in previsione dell’evacuazione ISAF prevista nel 2014. Secondo molti osservatori internazionali, soprattutto britannici, presenti sul campo, invece, le truppe afghane sono sempre guidate dall’ISAF, e quindi non in grado di agire autonomamente, confermando il parziale fallimento del programma d’istruzione militare intrapreso dieci anni or sono. I britannici, assieme ai norvegesi, hanno un numero consistente di personale impegnato nell’unità speciale afghana in addestramento, e quindi parlano con cognizione di causa.

Obama è giunto per celebrare il primo anniversario dell’uccisione di Osama bin Laden, ma in Afghanistan c’è ancora poco da festeggiare. Intere zone sono sotto il pieno controllo dei Taleban, i quali agiscono pressoché indisturbati anche in aree dove l’ISAF dovrebbe essere in pieno controllo, come nella capitale Kabul nella quale, a smentire clamorosamente Obama, non appena questi è ripartito i ribelli hanno attaccato un albergo che ospita perlopiù cittadini stranieri, uccidendo sei persone.

Nel contempo, domenica scorsa l’Emirato Islamico d’Afghanistan, che raggruppa il contingente più forte ed organizzato della resistenza anti ISAF, ha lanciato un appello ai media internazionale affinché non pubblichino “notizie false”, quali quella che vorrebbe che vi fossero ripetuti e proficui colloqui tra ISAF e Emirato. Anche in questa vicenda, l’ISAF mostra la propria debolezza: da un lato, infatti, nega l’esistenza dell’Emirato, dall’altro, ne riconosce presenza e legittimità investendolo addirittura del ruolo di partner privilegiato in fantomatici colloqui per uscire dall’impasse in cui la forza internazionale si trova invischiata.

I combattenti dell’Emirato hanno già riportato notevoli successi a metà aprile scorso, quando i suoi sono riusciti a tenere sotto scacco una serie di istituzioni proprio a Kabul, dimostrando di essere in grado di colpire dove, quando e come vogliono. Queste loro azioni, condotte nella capitale, dove sono insediati i mass media internazionali, danno loro risonanza e tornano loro utili in termini di acquisizione di prestigio a livello sia internazionale sia locale; se, infatti, le forze ISAF sono costrette a riconoscer la loro forte presenza, molti afghani si stanno avvicinando ai Taleban decretando loro legittimità e consenso.

E così, al summit previsto per il 12 giugno p.v. a Dubai dedicato alla ricostruzione dell’Afghanistan, vi saranno anche i rappresentanti dell’Emirato (che, peraltro, hanno già aperto una loro ambasciata a Doha) a sedersi accanto a quelli dell’ISAF, della NATO e del governo afghano. Dopo oltre 10 anni di guerra, centinai di migliaia di vittime fra civili e militari e una incredibile spesa che grava sui bilanci di molte nazioni, forse ci si poteva aspettare qualcosa di meglio.

 

Pubblicato da Giornale di Brescia 3/5/2012.