Il miglior libro che sia stato scritto sul temperamento di un popolo  asiatico è certamente il romanzo di Morier intitolato Hajji Baba. Le  Mille e una notte, s’intende, sono fuori discussione: restano  imparagonabili; la verità è che non saranno mai eguagliate. Perciò, a  parte questo capolavoro, Hajji Baba è di prim’ordine…». Questo  entusiastico giudizio è stato espresso dal Conte Arthur De Gobineau,  viaggiatore, memorialista e autore di saggi sulla storia e sulla società  persiana, e definito ancora di recente «più persiano dei persiani».  L’autorevolezza di De Gobineau suona quindi come conferma immediata e  sicura dell’importanza del presente libro per la conoscenza della vita  in terra musulmana
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La veste strappata
Gli otto racconti di Nahid Tabatabai spaziano dal frammento alla  narrazione ampia che esplora in tre storie di donne un unico evento.  Comune a tutti è la capacità di cogliere la soggettività dei sentimenti  all’interno di un quadro sociale di cui non si ignorano le violente  contraddizioni. L’immagine metaforica della “veste strappata” suggerisce  dolorosamente la nuda realtà che affiora attraverso lo squarcio aperto  da un momento, un evento che disvela una verità nascosta, spesso  ignorata dagli stessi protagonisti. L’autrice intreccia il quotidiano e  l’immaginario con suggestive provocazioni spesso affidando  all’intuizione del lettore una conclusione che è sempre “altrove”  rispetto al momento narrato.
Gli sciiti
Gli avvenimenti di questi ultimi anni in Iran, Iraq e Libano hanno  imposto all’attenzione internazionale lo sciismo quale componente  politico-religiosa cruciale nel già complesso rapporto tra Occidente e  Islam. Gli sciiti appartengono infatti a una delle due grandi famiglie  in cui si divide il mondo musulmano e sono circa il 10% contro il 90%  della corrente maggioritaria sunnita. L’origine della divisione ha  motivazioni più politiche che dottrinali e risale alle lotte civili per  la successione dopo la morte del Profeta Muhammad. La storia dello  sciismo è ricca di vicende drammatiche e di frazionamenti interni ma  anche di una fervida devozione popolare, che ha dato vita a rituali e  manifestazioni di grande fascino e impatto emotivo. Un ritratto  dell’Islam sciita tra storia, politica e cultura.
Figlie di Shahrazād
Scrittrici iraniane dal XIX secolo a oggi
Le donne d’Iran scrivono da tempi lontani e non hanno mai abbandonato  questa vocazione. Successi internazionali di scrittrici iraniane esuli  non sono bastati a indirizzare l’attenzione del pubblico sulle colleghe  rimaste a vivere e a scrivere – in lingua persiana – nel loro paese.  Eppure, dall’instaurazione della Repubblica Islamica a oggi, la  produzione femminile supera quella degli uomini, almeno per la  narrativa. E il dibattito intellettuale si arricchisce quotidianamente  anche grazie all’apporto delle pensatrici impegnate a vario livello  nella vita sociale e politica dell’Iran.
Questo volume percorre la  storia di una cultura femminile che ha le sue radici in consuetudini di  lunga tradizione, ma si sviluppa di fatto negli ultimi due secoli,  offrendo una prospettiva nuova su una società islamica postmoderna in  cui si intersecano modelli culturali antichi e contemporanei.
La scrittura femminile islamica, fra tradizioni secolari e società postmoderna.
Fiabe persiane
Tradizionalmente, chi raccontava storie nel mondo persiano erano uomini.  Coloro i quali lo  facevano di mestiere erano raggruppati in  apposite  corporazioni e giravano di villaggio in villaggio e di mercato in  mercato; si esibivano all’aperto oppure nella sala da tè e  da caffè il  cui ingresso era pronbito alle donne, alle quali era riservata la  narrazione casalinga, accanto al fuoco.
Donne senza uomini
A metà primavera l’albero che era in lei scoppiò… in una metamorfosi  eterna le particelle di Mahdokht si disgiunsero l’una dall’altra…  Infine, tutto fu compiuto. L’albero si trasformò in semi, una montagna  di semi. S’alzò il vento, un vento forte che sparpagliò per aria i semi  dell’albero Mahdokht. Mahdokht viaggiò insieme all’acqua, nell’acqua…  Divenne ospite del mondo. Andò in tutto il mondo.
Cinque donne  appaiono in brevi storie parallele che ci danno un quadro della società  al femminile (dalla ricca borghese alla giovane prostituta). Varie  vicende le portano a uscire dalla vita destinata per confluire tutte  nella casa della ricca Farrokhlaqa. In un piccolo mondo separato dove  predomina il femminile (un solo uomo presente si fa chiamare non a caso  “giardiniere gentile”) si ripropongono, nella realtà o nelle  aspirazioni, le gerarchie del passato. L’utopia frantumata? Forse invece  lo sguardo coraggioso di Parsipur riesce a suggerire, attraverso il  surreale, l’intreccio complesso dei condizionamenti che coinvolgono  anche le donne. Resta come speranza la metafora forte di Mahdokth,  donna-albero che si è piantata nella terra e continua a vivere radicata  in quella natura negata (anche ora, in parte) alla donna iraniana.
Crowning
Now almost one hundred years later Taj’s memoirs are relevant and  qualify her not only as a feminist by her society’s standards but also  in comparison with feminists of her generation in Europe and America.  Beyond her fascination for the material glamors of the West at the turn  of the twentieth century–fashion, architecture, furniture, the  motorcar–she was also influenced by Western culture’s painting, music,  history, literature and language. And yet throughout this time she kept  her bond with her own literary and cultural heritage and what she calls  her “Persianness.”
La storia velata
Nell’immaginario occidentale ogni considerazione sulla civiltà islamica è immediatamente
associata  alla figura di una donna velata ed ogni nostro giudizio sul mondo  musulmano è intrinsecamente legato alla posizione che la donna occupa in  quel mondo, che, pur variegato e composito, ai nostri occhi appare come  una nuvola omogenea. Ma da cosa e quando ha origine
questa immagine stereotipata di donna musulmana che noi ci portiamo appresso?
Il presente testo ripercorre la storia dei rapporti tra l’ Italia e il mondo islamico
attraverso la letteratura del nostro paese, soprattutto di viaggio, stilata
attraverso  i secoli: memoriali, relazioni di ambasciatori, diari, che hanno  contribuito a formare la rappresentazione delle donne musulmane ancora  presente nel nostro immaginario.
La ricostruzione del mito negativo  ci conduce dalle principesse saracene dei poemi medievali all’interno  dei “lussuriosi” hammam, ci fa esplorare l’harem del Gran Signore di  Istanbul e le viuzze delle città nord africane dove viaggiatori e  diplomatici, dopo fugaci e superficiali incontri con le donne musulmane,  le hanno tratteggiate in un’icona ripetitiva quanto falsa.
Un viaggio nel viaggio che ci svela vecchi ma sempre nuovi pregiudizi di cui siamo ancora vittime.
Nizzoli
E’  la lettura critica del diario di viaggio di Amalia Nizzoli, una delle  pochissime donne italiane che nel secolo scorso abbiano vissuto a lungo  in Egitto (dal 1819 a l 1828) e abbiano poi lasciato traccia scritta del  loro soggiorno in Oriente. Questa lettura critica consente una  riflessione su temi attualissimi quali il rapporto tra la cultura  occidentale e quella islamica, visto in prospettiva femminile.
Le donne di Allah
E’ uscito il mio Libro:
Le donne di Allah. Viaggio nei feminismi islamici, edito da Bruno Mondadori, Milano
La lotta di liberazione femminile non è un’esperienza esclusiva dell’Occidente. Lo raccontano, e soprattutto lo dimostrano, le musulmane che ho incontrato in Turchia, Malesia, Iran, Indonesia, Egitto…sono filosofe, studiose dei testi sacri, attiviste che lottano per i loro diritti. Un viggio per incontrare chi crede nel Corano come simbolo di libertà e di progresso.