Donne senza uomini

A metà primavera l’albero che era in lei scoppiò… in una metamorfosi eterna le particelle di Mahdokht si disgiunsero l’una dall’altra… Infine, tutto fu compiuto. L’albero si trasformò in semi, una montagna di semi. S’alzò il vento, un vento forte che sparpagliò per aria i semi dell’albero Mahdokht. Mahdokht viaggiò insieme all’acqua, nell’acqua… Divenne ospite del mondo. Andò in tutto il mondo.
Cinque donne appaiono in brevi storie parallele che ci danno un quadro della società al femminile (dalla ricca borghese alla giovane prostituta). Varie vicende le portano a uscire dalla vita destinata per confluire tutte nella casa della ricca Farrokhlaqa. In un piccolo mondo separato dove predomina il femminile (un solo uomo presente si fa chiamare non a caso “giardiniere gentile”) si ripropongono, nella realtà o nelle aspirazioni, le gerarchie del passato. L’utopia frantumata? Forse invece lo sguardo coraggioso di Parsipur riesce a suggerire, attraverso il surreale, l’intreccio complesso dei condizionamenti che coinvolgono anche le donne. Resta come speranza la metafora forte di Mahdokth, donna-albero che si è piantata nella terra e continua a vivere radicata in quella natura negata (anche ora, in parte) alla donna iraniana.