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Disastro americano in Medio Oriente, dall’Afghanistan all’Iran

Settimana pessima per i rapporti Usa-Medio Oriente: un marine della base di Kandahar ha fatto fuoco contro i civili, uccidendone 16, fra cui 9 bimbi; Israele, l’alleato più fedele nell’area, ha compiuto raid su Gaza, causando 23 vittime; il segretario alla difesa Usa Leon Panetta, giunto a Kandahar per placare l’ira afgana, ha rischiato di venire ucciso da un attentato che ha provocato un morto e due feriti. Intanto, membri del Congresso premono su Obama perché colpisca il regime siriano con la forza aerea e, contemporaneamente, incitano il Presidente ad attaccare l’Iran.
Gli esperti Usa di Medio Oriente si interrogano su quale china abbia imboccato il loro Paese: il ruolo «imperiale» americano è finito, e, dal loro punto di vista ciò sarebbe anche positivo; ma il dubbio è che lo strapotere militare non sia stato sostituito da un più che mai necessario ruolo diplomatico. Gli americani paiono del tutto impreparati davanti a culture e religioni differenti.
I segnali da Washington in questi mesi sono discordanti, segno del caos e dell’incompetenza di molti e della mancanza di qualcuno che unifichi i messaggi. Ad esempio, il 2 dicembre Leon Panetta s’è detto contrario a un intervento militare in Iran; il 19, lo stesso segretario alla Difesa è apparso alla Cbs affermando la necessità di fermare il programma nucleare iraniano; l’8 gennaio, Panetta ha dichiarato che l’Iran non avrebbe la capacità di sviluppare un programma nucleare bellico. Un’incoerenza che è indice delle sabbie mobili in cui si trova la Casa Bianca.
Pure la politica estera di Teheran pare zigzagante, ma gli ayatollah sono coerenti con la loro politica interna, che andrebbe letta e decifrata. Se gli usa non hanno ancora imparato a farlo, perché non utilizzare esperti della comunità irano-americana di provata fede alla nuova Patria, ma capace di decifrare la terra d’origine? Stesso discorso per l’Afghanistan: in 10 anni negli atenei Usa si sono formati a decine esperti centrasiatici. Eppure, essi sono raramente consultati da Washington, dove dominano lobby che ragionano solo secondo interesse: i discorsi degli esperti sono ritenuti accademici e restano inascoltati. Ricordiamo l’Iraq, con gli Stati Uniti impegnati in una guerra inutile, nonostante molti esperti avessero sconsigliato di farlo. Per uscire dalla palude, agli Usa non resta che cambiar consiglieri, magari scegliendo chi non ha interessi di parte.

Pubblicato da Giornale di Brescia 17/3/2012.