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Erdoğan contro Erdoğan

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Erdoğan contro Erdoğan: il super primo ministro turco, altamente contestato all’interno dopo i noti fatti del Parco Gazi, incorre ora pure nelle ire del suoi un tempo fedeli alleati e amici, ovvero l’Egitto e il Qatar. Il nuovo sovrano di Doha, infatti, non sembra per ora confermare il massiccio supporto ai Fratelli Musulmani offerto in passato dal re suo padre, e ha addirittura inviato le proprie felicitazioni al nuovo governo egiziano. Così il governo turco rimane la sola voce autorevole nell’area a chiedere la re installazione dell’ex Presidente egiziano Morsi, richiesta peraltro non apprezzato dal Cairo che ha accusato Erdoğan e i suoi di immischiarsi nei propri affari interni. Anzi, il portavoce del premier egiziano, Ahmed Elmoslmany, ha esplicitamente ammonito Ankara a non occuparsi di quanto succede a piazza Tahrir, visto che il Cairo non ha interferito nei fatti di piazza Taksim. L’accenno alla piazza istanbulina, sede della più grande contestazione popolare nei confronti di Erdoğan, deve essere risultata particolarmente sgradita al premier turco, il quale, tuttavia, non sembra voler fare marcia indietro sulle sue intransigenti posizioni nei confronti dei contestatori. Continua, infatti, l’ondata di arresti indiscriminati di persone solo in sospetto di aver partecipato a qualche manifestazione di protesta (esemplare il fermo di un venditore  di bandiere di Istanbul solo perché recanti la foto di Ataturk), tanto che ormai gli oppositori del primo ministro non lo chiamano più per nome, riferendosi invece comunemente a lui come “il dittatore”.

Erdoğan è accusato di aver minato le basi delle democrazia, accentuando i conflitti tra le varie anime del Paese (soprattutto quello tra la componente laica e quella religiosa), col solo fine di perseguire il proprio potere personale. La dissennata condotta del primo ministro, già iniziata da qualche tempo, ma culminata nell’ultimo mese in un atteggiamento dispotico di chiusura totale al dialogo con la popolazione, ha già fatto dimenticare i buoni servigi da lui offerti nei primi anni di amministrazione, fra i quali ricordiamo la re defizione dei compiti dell’esercito (in passato assai propenso a colpi di stato liberticidi), il processo di pacificazione con la componente curda, l’incremento esponenziale del PIL e l’accresciuto prestigio della Turchia a livello internazionale. Ora invece la Turchia sembra essere entrata in una fase di decadenza e di pessimismo, aumentati dalla tendenza economica negativa: dopo i fatti di Parco Gazi il flusso turistico ha subito un duro colpo, non solo per i mancati arrivi internazionali, ma pure perché gli stessi turchi stanno disertando i luoghi d’intrattenimento, le mete turistiche e i gli acquisti in genere. La delusione nei confronti di  Erdoğan fa leggere in chiave diversa i suoi successi passati, e molti sostengono egli abbia domato il potere dell’esercito non per fini democratici, ma per togliere di mezzo un contendente pericoloso; così come la sua preoccupazione di intrattenere il dialogo con il partito Curdo non sarebbe frutto del desidero di unificare finalmente il Paese, ma, piuttosto, di crearsi un alleato per la sua ambita futura carriera di Presidente. E’ infatti risaputo che Erdoğan mira ad essere letto Presidente nel 2014, ma solo se riuscirà prima a trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale, altrimenti la carica attuale darebbe poco prestigiosa per un uomo che è stato un potente primo ministro. Per far ciò, egli e il suo AKP stanno lavorando nell’ambito della commissione che sta riscrivendo la costituzione, ma vi sono opposizioni e quindi hanno bisogno del supporto del partito filo curdo Pace e Democrazia.

Intanto, però, i sondaggi hanno evidenziato come nell’ultimo mese Erdoğan abbia perduto molto supporto popolare, diventando nell’immaginario popolare il primo responsabile della crisi; i turchi, quindi, aspettano un gesto significativo da parte di colui che, negli ultimi tempi, si è auto nominato padrone assoluto del Paese.

 

dal Giornale di Brescia 21/7/2013