I fatti di Libia e Egitto

Gli eventi egiziani e libici di questi giorni si svolgono come una sorta di terribile dèjà vu: in concomitanza all’anniversario dell’11 settembre, un film blasfemo nei confronti dell’islam scatena attentati e disordini contro persone e simboli americani.

Tuttavia, i timori occidentali, questa volta, sono rafforzati dall’idea che ciò sia potuto accadere perché “primavere arabe” hanno portato al potere partiti ammiccanti a gruppi estremisti quali i Salafiti, sospetti di collusione con al-Qaeda, il cui vessillo sventolava nelle mani degli attaccanti l’ambasciata americana al Cairo.

E’ indubbio che la nuova direzione politica egiziana abbia cavalcato l’evento, anche se la protesta, in sé, è nata spontanea e fra gli scalmanati si sono notati pure gruppi di ultrà sportivi già attivi in piazza dai primi giorni della “primavera egiziana”. Ma è quantomeno strano che i facinorosi si siano potuti avvicinare così all’ambasciata, uno dei posti solitamente meglio protetti dell’Egitto.

Vi sono varie chiavi di lettura dell’evento: la situazione è tutt’altro che facile, la direzione del Paese è confusa e frammentata grazie alla tensione tra due poteri forti, ovvero i Fratelli Musulmani e le forze armate, tensione accresciuta pure dall’aiuto promesso dal Fondo Monetario Internazionale per l’economia egiziana che sta andando a rotoli: chi gestirà i fondi, e come? In questo momento, è soprattutto il Presidente Morsi a condurre la trattativa con il FMI, e sembra proprio che, come il suo predecessore, voglia giocare la carta del “pericolo islamista” per alzare la posta, magari alimentando il vento mai assopito dell’anti americanismo.

Risulta chiaro, infatti, che il sentimento antiamericano si è rafforzato nell’area, e ciò spiega, in parte, pure i sanguinosi fatti di Libia. Qui gli attacchi sono stati premeditati e condotti in modo professionale, ma rappresentano solo la conclusione violenta di una serie di attentati contro rappresentanze americane, britanniche e addirittura contro la Croce Rossa, compiuti in Libia in questi ultimi sei mesi. Nel paese nordafricano i tumulti continuano ad essere all’ordine del giorno, e il risentimento anti occidentale è forte, non solo tra i nostalgici del Colonnello, ma pure tra i suoi sovvertitori. Questi ultimi hanno più volte chiesto agli organismi internazionali di ammettere i loro errori passati, soprattutto la collaborazione con Gheddafi dal 2004 in poi, quando, per paura di una possibile invasione nera dell’Europa e per siglare lucrosi contratti di fornitura energetica, le potenze occidentali hanno tenuto in sella il Colonnello e il suo regime di polizia. Esponenti dell’attuale dirigenza libica hanno formalmente chiesto all’Unione Europea di essere trattati con rispetto ed avere giustizia, ad esempio di poter giudicare gli agenti del servizio segreto libico che hanno torturato e ucciso migliaia di connazionali e ora, grazie all’intervento della CIA, si godono una dorata pensione in Qatar.

Contrariamente all’Egitto, in Libia non sono andati al potere partiti islamisti, ma non per questo la situazione va sottovalutata: umiliazione e frustrazione sono presenti nell’area e per evitare altri futuri disastri queste considerazioni dovrebbero entrare prepotentemente tanto nell’agenda di Washington quanto in quella di Bruxelles.

 da Giornale di Brescia 15/9/2012