Turchia in ansia per i curdi siriani

Nella crisi siriana si stanno affermando dei nuovi attori, ovvero, i curdi. Spostandosi verso il nord

ovest del loro paese, al confine con la Turchia, i curdi siriani che hanno sottratto al controllo delle

forze fedeli a Bashar al-Assad diverse cittadine, stanno mettendo in apprensione le autorità turche.

Ankara, sotto qualsiasi governo, si sa, non ha mai amato i curdi, anzi, la “questione curda” è quella

che spesso compatta tutte le compagini politiche del Paese: non desta meraviglia, quindi, che in questi

giorni l’opinione pubblica turca si stia chiedendo che cosa intenda fare il proprio governo.

Il Primo Ministro Erdoğan ha già ammonito la coalizione curda che si è attestata ai confini siro-

turchi, colpevole, secondo fonti turche, di aver issato come propria bandiera quella del PKK, il

Partito del Lavoratori già capeggiato dal famoso Őcalan, da tempo ospite delle carceri turche,

mentre il suo partito è stato dichiarato fuori legge per attività terroristica da Ankara.

I curdi siriani, comunque, sono divisi in partiti e fazioni non necessariamente concordi tra loro,

anche se è chiaro che tutti, nel panorama di disfacimento della Siria degli Assad, mirano a crearsi

uno stato indipendente, probabilmente guidato da una federazione formata dai vari gruppi simile a

quella creatasi nell’Iraq post Saddam. Una situazione malvista da Ankara, allarmata da un nuovo

stato curdo indipendente che possa spingere i numerosissimi curdi residenti fra i propri confini a

tentare di fare altrettanto.

Per il partito di Erdoğan questa è l’ennesima sfida lanciata dalla crisi siriana: da un lato, il governo è

tartassato dalle richieste dell’opinione pubblica che chiede la verità riguarda all’abbattimento dei

due F4 abbattuti dalle forze siriane oltre un mese fa. Damasco se ne è assunta la responsabilità, ma

il meccanismo dell’incidente non è chiaro, e le dichiarazioni del governo nemmeno. Sembra, infatti,

che i due aerei siano stati abbattuti in territorio siriano, non internazionale come affermato da Ankara

:ciò significherebbe che è stato commesso un atto irresponsabile da parte delle autorità turche che

avrebbe potuto condurre a una guerra con la Siria, senza che l’opinione pubblica ne fosse stata informata.

Dall’altra, gli oltre 45mila profughi siriani ospitati nei campi tendati turchi stanno divenendo un

problema: in questi giorni la polizia è dovuta intervenire con i gas lacrimogeni per sedare la protesta

dei profughi che si lamentano per le difficili condizioni di vita. Con il caldo intenso di questi giorni le

baracche in lamiera divengono dei forni, mentre il cibo offerto alla sera a conclusione della

giornata di Ramadan pare essere troppo scarso. Una situazione destinata a peggiorare perché,

nonostante la frontiera con la Siria sia stata chiusa, permangono dei valichi offerti proprio

ai fuggitivi dal regime di Assad, che ci si aspetta arrivino copiosi con la definitiva caduta del

regime.

Riuscirà la Turchia a governare tutto questo?

Se Ankara riuscirà a fronteggiare la situazione, anche dominando le proprie emozioni anti-curde,

diverrà la maggiore beneficiaria del cambiamento di regime siriano. La caduta di Assad spazzerà via

le ambizioni nell’area dell’amico-nemico Iran, lasciando alla Turchia il ruolo principale di ricostruttore

della nuova Siria. Mentre i paesi arabi, troppo presi con le loro diatribe, non hanno finora svolto

alcun ruolo rilevante nel conflitto siriano, la Turchia se ne assunta il ruolo leader, almeno per quanto

riguarda il lato umanitario-assistenziale, e vorrà mantenere tale ruolo anche nella ricostruzione

del paese limitrofo. Ma per fare ciò, la Turchia deve risolvere anche la sua “questione curda”, e

questo è il momento giusto per farlo.

pubblicato da Giornale di Brescia 1/8/2012