Nucleare iraniano: attenzione a non umiliare

Dopo ripetuti e falliti colloqui, quello di Istanbul s’è aperto con un cauto ottimismo da parte delle potenze occidentali, convinte che l’Iran sia fiaccato dalle sanzioni, dall’inflazione interna, e dalla paura di un possibile attacco israeliano. Siano queste o no le motivazioni, è certo che da parte iraniana sembra manifestarsi, rispetto al passato, una più chiara volontà di compromesso.

Dopo le ripetute dichiarazioni della Guida Suprema, Khamenei, che ha dichiaro che le armi nucleari sono contrarie all’islam (riprendendo la fatwa, o responso religioso, già espresso molti anni fa dal leader della Rivoluzione, l’ayatollah Khomeini), alla vigilia dei colloqui è apparso sul Washington Post un lungo articolo firmato da Ali Akbar Salehi, Ministro degli Esteri iraniano, il quale ribadisce la volontà del proprio paese di perseguire il nucleare solo per scopi pacifici e di essere convinto della necessità del dialogo con tutte le potenze. Salehi, però, ha sottolineato che il dialogo deve svolgersi nel mutuo rispetto: e in ciò, forse, sta la chiave per l’esito positivo dei colloqui e per la loro prosecuzione. Non bisogna dimenticare, infatti, che le autorità iraniane si stanno giocando la faccia in questo negoziato e che non possono assolutamente permettersi di presentarsi all’interno del proprio Paese come coloro i quali hanno ceduto perché stretti dalle sanzioni e dalla pressione internazionale. L’Iran ha già subito lo smacco di almeno quattro scienziati nucleari uccisi all’interno del proprio territorio: dopo aver accusato le potenze straniere degli assassini, il mese scorso ne hanno avuto conferma proprio dalla rete americana NBC, cui due alti ufficiali di stato hanno confessato che le uccisioni degli scienziati è stata portata a termine da agenti del MEK (Mujaheddin-e Khalq), un’organizzazione terroristica iraniana anti-regime che ora opera grazie ai finanziamenti e alla protezione statunitense.

I sospetti iraniani sono forti anche nei confronti dell’agenzia per nucleare IAEA, i cui ispettori sono diffidati quali possibili agenti segreti che, con la scusa di controllare gli impianti nucleari, passerebbero poi preziose informazioni logistiche alle potenze straniere. La stampa iraniana ha più volte ricordato il precedente iracheno: negli anni ’90, infatti, l’UNSCOM, agenzia speciale creata dall’ONU per controllare l’arsenale di Saddam, risultò essere una base grazie alla quale i servizi segreti americani poterono costruire un’intelligence interna, utilizzata in seguito per abbattere il dittatore di Baghdad.

Ecco perché l’Iran non vuole, nelle fila degli ispettori IAEA incaricati di ispezionare l’altopiano, nessun cittadino di paesi anglosassoni.

Al di là di sospetti e diffidenze, in Iran l’aspettativa per questi colloqui è forte; qualche giorno fa s’è espresso in modo favorevole alla ripresa di rapporti con il resto del mondo, Stati Uniti compresi, anche l’ex Presidente della Repubblica Rafsanjani. Parlando a una rivista di studi internazionali iraniana, Rafsanjani, da tempo all’opposizione, anche se riveste tutt’ora un’alta carica di stato, ha ribadito il non interesse dell’Iran per il nucleare bellico. Ma anche Rafsanjani ha sottolineato la necessità di “rapporti alla pari”. L’orgoglio nazionale iraniano unisce il regime ai suoi oppositori ed è importante tenerne conto, se si vuole arrivare ad un compromesso, necessario a tutti.

pubblicato da Giornale di Brescia 17/4/2012