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Nigeriane pedine di guerra

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I Boko Haram che tengono in ostaggio centinaia di ragazze in Nigeria sono attivi da fine anni 1990. Il loro nome, che nella lingua locale hausa significa “istruzione occidentale illecita” riflette i loro obiettivi principali, ovvero l’abolizione di processi che essi considerano frutto della cultura occidentale, quali l’istruzione laica e i processi elettorali, e l’instaurazione di uno stato islamico. Il loro leader, Mohammad Yusuf, ha fondato scuole dove molti nigeriani contrari all’educazione laica hanno per anni mandato i loro figli, ma che costituivano altresì delle palestre di terrorismo.

Ma perché le donne sono diventate ora le loro principali pedine? Nel 2009 i Boko Haram hanno visto la loro leadership decapitata dalle forze governative: centinaia di militanti, incluso Yusuf, sono stati uccisi senza processo e in modo spettacolarmente crudele, e molte donne legate ai Boko Haram sono state incarcerate e/o uccise. Da quel momento, i Boko Haram hanno cambiato tattica, dando avvio a una serie di rapimenti, inclusi quelli delle mogli degli ufficiali governativi, usandole come merce di scambio per far liberare i loro militanti prigionieri. Mentre sotto il nuovo leader, Abubakar Shekau, i Boko Haram diventavano più sofisticati modellandosi secondo il terrorismo in franchising di al Qaeda, anche i loro obiettivi si internazionalizzavano, grazie al bombardamento del quartiere ONU nella capitale Abuja e al rapimento di una famiglia francese avvenuto l’anno scorso in Camerun.

Negli ultimi due anni, i rapimenti di donne da entrambi le parti si ripetono con sconcertante frequenza; le mogli di alcuni capi dei Boko Haram sono tuttora in carcere, e il recente rapimento delle duecento ragazze dalla scuola di Chibok è stato ideato principalmente per costringere il governo a restituire ai terroristi le loro donne. In questo braccio di ferro per dimostrare il potere, i Boko Haram volutamente proiettano la loro immagine di guerrieri “islamici” la cui ideologia impone che le donne cristiane vadano convertite e considerate bottino di guerra. Il loro misoginismo colpisce tanto le donne della loro comunità, ritenute utili solo per la procreazione, il mantenimento quotidiano della comunità e la soddisfazione dei bisogni sessuali, quanto e soprattutto quelle cristiane, queste ultime simbolo del potere e dell’influsso occidentale che i Boko Haram combattono. Tuttavia, il machismo di questi terroristi non preclude loro di travestirsi da donne, quando serve, tanto che alcuni di loro sono stati scoperti e uccisi mentre trasportavano armi sotto lunghi veli.

In un contesto in cui le donne sono stabilmente vittime di abusi d’ogni tipo e le leggi dello Stato piene di discriminazione nei loro confronti, non desta meraviglia che esse costituiscano l’obiettivo principale delle violenze settarie. Anche se i Boko Haram non detengono il monopolio della violenza contro le donne che in Nigeria, rimane endemica, trans etnica e trans religiosa, non vi è dubbio che in questo conflitto essi strumentalizzino le donne in senso ideologico e strategico, nonché per ottenere vantaggi economici tramite il riscatto.

 

da Giornale di Brescia 14/5/2014

Musulmani e cristiani in Nigeria

In Nigeria, come in molti paesi africani, ci sono questioni politiche, economiche e sociali che determinano uno stato di perenne tensione tra vari gruppi etnici e /o religiosi, quali la carenza di risorse, l’iniqua distribuzione della ricchezza e le tensioni inter comunali. Semplificare ciò che sta accadendo e rappresentare la violenza in Nigeria come una guerra di religione non serve a chiarire la situazione.

Gli attacchi da parte di musulmani contro i cristiani ottiene in occidente grande attenzione, ma la realtà è che la violenza è effettuata dai membri di tutti i gruppi. E gli estremisti islamici del gruppoBoko Haram, ora principali responsabili delle violenti azioni contro i cristiani, hanno esordito terrorizzando per anni i loro correligionari nelle stesse province nigeriane.

Como lo stesso vescovo di Sokoto ha avuto occasione di dichiarare, la dicotomia tra benestanti cristiani nel sud e poveri musulmani nel nord Nigeria è fuorviante, se non altro perché vi sono milioni di cristiani che vivono anche a nord del Paese, ma, soprattutto, in quanto implica che il conflitto nord/sud e cristiani/musulmani sia inevitabile. Vi sono gruppi nigeriani inter religiosi che lavorano per la pace e la composizione del conflitto, ma altri sono gli elementi che remano contro ogni processo di riappacificazione.

Nonostante il suo Presidente, Jonathan, abbia recentemente proclamato che la Nigeria è il secondo paese africano che con successo sta combattendo contro la corruzione, i nigeriani sono di tutt’altro avviso, e individuano proprio nella corruzione dei politici e della polizia la principale causa del degenerarsi della situazione. In un Paese ricchissimo di risorse naturali, che pompa oltre due milioni di barili di petrolio al giorno, l’80% della popolazione vive con meno di due dollari al giorno e il sistema fiscale esige dai poveri molto più di quanto non richieda ai benestanti. Fra questi ultimi vi sono gli imprenditori, i quali, secondo l’ultimo rapporto della Banca Mondiale, pagano regolari tangenti a pubblici ufficiali. E così, nonostante, sempre secondo il parere della Banca Mondiale, la Nigeria rappresenti il miglior contesto africano per gli investimenti, costituendo la seconda economia e il principale mercato del continente con i suoi quasi 160 milioni di abitanti, per la maggioranza dei nigeriani le prospettive di vita sono assai misere. Gli 80 milioni di musulmani appartengono allo strato maggiormente discriminato ed è al loro senso di emarginazione politica ed economica cui fanno appello gli estremisti.

Per molti musulmani e cristiani lo spauracchio della guerra di religione è agitato dal governo per giustificare, ad esempio, ingenti somme destinate alla sicurezza (il 20% del bilancio annuale, assai più di quanto non venga impiegato per il programma di educazione primaria), nonché lo stato di coprifuoco nelle zone a maggior rischio, con il risultato, però, di perseguire i propri avversai politici più che non conseguire positivi risultati nella lotta contro il terrore.

Eppure, la soluzione è forse più semplice di quanto non appaia. Tre anni fa, l’amnistia concessa a chi deponeva le armi aveva portato a un periodo di pace, grazie anche ai benefit economici offerti ai “redenti”. Boko Haram e altre frange minori vogliono probabilmente solo entrare nel programma di aiuti e mettersi in evidenza come coloro i quali contribuiscono a far appianare le sperequazioni economiche a danno dei musulmani. Forse, vale la pena di esplorare questa strada, prima che il conflitto s’aggravi ulteriormente.

da Giornale di Brescia 6/12/2012