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Bouteflika 4°?

L’Algeria s’appresta a confermare per la quarta volta il suo Presidente in carica dal 1999, Abdelaziz Bouteflika. Il super candidato è praticamente aspirante unico alla Presidenza, nonostante l’età e gli innumerevoli malanni da cui è affetto, tanto da far dubitare tutti che, in caso di rielezione, possa concludere di persona il mandato quinquennale.

Bouteflika rappresenta il grande conciliatore che, alla fine della decade nera che negli anni ’90 segnò il Paese con oltre 200mila morti, ricucì le istituzioni algerine, favorendo il processo di pacificazione e promettendo riforme in chiave democratica mai realizzate a pieno. Fu Bouteflika a riallacciare proficui rapporti con l’Occidente, il quale, non va dimenticato, pur di assicurarsi l’accesso alle ingenti risorse energetiche di cui l’Algeria dispone, da almeno quindici anni ha chiuso gli occhi su quanto accade sulla sponda africana del Mediterraneo, pago del fatto che il regime algerino garantisce una sorta di “pax islamica” (sedando i movimenti di matrice islamista) sul prezzo della quale non bisogna andare troppo per il sottile.

Vero è che pure gli algerini, o, almeno, una parte di loro, sembrano aver privilegiato la stabilità offerta dal patto fra Bouteflika e i poteri forti (esercito, apparato di sicurezza e la Sonatrach, la potente agenzia di Stato che controlla le risorse energetiche) a discapito della realizzazione del processo democratico iniziato decadi fa, quando l’Algeria si liberò del giogo coloniale francese. Infatti, anche se il Paese continua a essere teatro di pressoché quotidiani scioperi, soprattutto nel settore pubblico, il regime è finora riuscito a mantenere il controllo elargendo di volta in volta piccole concessioni ai manifestanti. È così l’Algeria non è stata investita dall’onda delle rivoluzioni che da oltre tre anni stanno stravolgendo gli equilibri dell’ampia zona che va dal Marocco al Medio Oriente. Le “primavere arabe” hanno finora solo lambito il Paese, ancora traumatizzato dalle ferite inferte nella guerra degli anni ’90 e dove, se l’esempio positivo della vicina Tunisia infiamma i dissidenti, quello caotico dell’altrettanto confinante Libia scoraggia dall’intraprendere una “primavera algerina”.

E ciò nonostante vi siano tutti i presupposti che hanno scatenato le altre rivoluzioni, dalla corruzione al dispotismo, dalla crisi economica a quella occupazionale, soprattutto nel settore giovanile.

Comprensibile, quindi, che una parte della società civile si sia ribellata, fondando un movimento di aperta contestazione a quest’ennesima elezione-burla chiamato Barakat (Basta!), nato proprio in occasione dell’annuncio della candidatura di Bouteflika. Finora il gruppo non è riuscito a richiamare grandi folle nelle sue proteste di piazza (peraltro bandite per decreto dal 2001), ma evidentemente l’establishment non vuole correre il minimo rischio e ha arrestato, tra gli altri, uno dei co-fondatori di Barakat, la ginecologa Amira Bouraoui, mentre ha chiuso l’emittente televisiva Al Atlas, rea di appoggiare l’opposizione.

Gli aderenti a Barakat non sono ovviamente gli unici ad opporsi al “regno” di Bouteflika e a quello che egli rappresenta, anche i leader dei gruppi islamici hanno invocato il boicottaggio di queste elezioni, ma l’abbraccio tra la compagine “laica” e quella “religiosa” è più che mai improbabile, visto il recente passato algerino. Tuttavia, qualsiasi sia il risultato elettorale, il vincitore dovrà fare i conti con uno scontento popolare sempre più intenso, difficilmente controllabile con l’uso della sola forza e della corruzione.

da Giornale di Brescia 17/4/2014