Il 18 e 19 gennaio 2017, la recentemente costituitasi Bonyad-e Bidel-e Dehlavi (Fondazione Bidel-e Dehlavi) ha ospitato a Tehran una convegno intitolato alla figura e all’opera del grande poeta indiano vissuto tra il 1644 e il 1720, il quale ha lasciato circa 150mila versi composti in lingua persiana.
Esponente di spicco dello “stile indiano” (sabk-e hendi), Bidel è considerato altresì il poeta più ostico di questa scuola per le sue immagini e metafore costruite seguendo un formalismo cerebrale e complesso, alternando slanci mistici, sofisticate descrizioni di elementi naturali e considerazioni esistenzialiste.
Bidel-e Dehlavi visse la sua esistenza nel sub continente indiano, frequentando ambienti assai diversi tra loro e venendo a contatto con una pluralità di religioni e di culture; poliglotta e interessato a culture diverse, sviluppò uno spiccato senso di tolleranza che si riflette nella sua produzione letteraria.
Bidel-e Dehlavi è amato e studiato soprattutto nel sub continente, ecco quindi che il gruppo più cospicuo di studiosi che si è alternato sui podi del convegno proveniva da quell’area geo-culturale: studiosi indiani, pakistani, bengalesi, afgani, singalesi, tagiki hanno offerto ampie e approfondite disamine sullo stato della ricerca intorno alla figura e all’opera del maggiore esponente dello “stile indiano”. Contributi originali e cospicui sono giunti anche grazie a studiosi iracheni, turchi, georgiani, russi, giapponesi e, naturalmente, iraniani. Fino ad oggi, però, lo studio del grande poeta sul territorio iraniano non si è sviluppato appieno, come ha più volte sottolineato Hadi Sa’idi Kiasari, direttore della Fondazione Bidel, il quale ha altresì ribadito come la Fondazione sia nata proprio a sostegno degli studiosi del grande poeta indiano, per costituire un punto di riferimento nel cuore dell’altipiano grazie ad occasioni d’incontro come convegni e seminari, alla sua cospicua biblioteca e ad altre iniziative organizzate in nome di Bidel-e Dehlavi.
Il convegno si è articolato su più fronti; oltre alla parte dedicata agli studi su Bidel, è stata aperta una finestra sulle problematiche offerte dalla traduzione della lingua persiana in lingue altre (italiano); inoltre, sul palco si sono alternati poeti contemporanei iraniani, afgani e indiani che hanno offerto agli astanti i loro versi composti sia in stile “classico” sia in stile moderno. Momenti di alta cultura sono stati vissuti grazie anche alla partecipazione di due complessi musicali, l’iraniano Qamar diretto dal vocalista Amir Mohammad Tofti e il gruppo afgano del maestro Sharif Ghazal. Le liriche cantate sono state proprie quelle composte da Bidel-e Dehlavi che in Afghanistan costituiscono il costante fulcro di dotte discussioni da parte di numerosi gruppi culturali.