Iran, 35 anni di Rivoluzione

index

La Repubblica Islamica d’Iran festeggia in questi giorni il suo 35° anniversario di vita. Quello che era diventato un rituale che si ripeteva stancamente e non senza contestazioni nel mese di febbraio di ogni anno, quest’anno sta assumendo un aspetto diverso, in quanto l’Iran si è scrollato di dosso il ruolo di paria del mondo ricoperto per decadi, e gli iraniani ricominciano a sperare. Il Presidente Rouhani è apparso in questi giorni in televisione, elencando soddisfatto una serie di successi riportati nel breve periodo del suo mandato (circa sei mesi), quali l’accordo sul nucleare di Ginevra, la serie di visite da parte di alte cariche di stati stranieri (inclusa l’Italia) e la lunga teoria di aziende e enti internazionali pronti a riprendere gli scambi commerciali e imprenditoriali con Tehran, dopo un blocco durato anni causa delle sanzioni lanciate contro l’Iran proprio a causa del suo contestatissimo programma nucleare. Ciò che è stato apprezzato nel discorso del Presidente non sono solo i suoi successi e il suo atteggiamento di dialogo con i cittadini, ma anche il fatto che egli non ha negato l’elenco dei problemi gravissimi che il Paese deve affrontare, quali la disoccupazione, l’inflazione, il tasso d’inquinamento assai critico soprattutto nella capitale, nonché la cronica carenza di benzina e di combustibile, un paradosso in una nazione che dispone di ingenti risorse del sottosuolo. L’economia iraniana rimane estremamente vulnerabile, a causa della sua dipendenza dal petrolio, fattore che rappresenta forse il maggiore fallimento di questi 35 anni di politica, non avendo saputo adeguare le infrastrutture petrolifere.

Rouhani ha chiesto agli iraniani di avere pazienza. E che i problemi non saranno di soluzione immediata è stato sottolineato dal fatto che la trasmissione televisiva è stata ritardata rispetto a quanto programmato (ovvero, boicottata), particolare che il Presidente ha menzionato varie volte nel suo discorso, senza esplicitarne i motivi, ma facendo così capire che i nemici del suo operato sono, in primis, domestici. Il responsabile ultimo della televisione di stato è la Guida Suprema, Khamenei, il quale, vuoi perché il Presidente gli sta rubando la scena, vuoi perché egli è comunque espressione e rappresentante dei falchi locali, potrebbe aver fatto in questo modo intendere il proprio dissenso nei confronti dell’opera di Rouhani. Quest’ultimo, invece, legato alle principali figure moderate del Paese, tanto laiche quanto religiose, sembra ignorare la sfida postagli dai conservatori, contando piuttosto sul supporto della popolazione. Paradossalmente, la Repubblica Islamica ha creato una società “laica” in cui la religione è soprattutto una questione personale, una società giovane che contesta gli ideali rivoluzionari di un tempo, altamente istruita, urbanizzata e tecnologizzata, in cui le donne rappresentano un segmento cruciale, assai diversa da quella di 35 anni fa. Questa società mal sopporta tanto le costrizioni liberticide interne, quanto di essere il bersaglio della “iranofobia” che continua ad essere alimentata soprattutto dai falchi statunitensi; e intravede in Rouhani il leader in grado di traghettare il Paese fuori dall’impasse.

da Giornale di Brescia 10/2/2014