Il nuovo (?) Pakistan

 

imagesNawaz Sharif è di nuovo primo ministro del Pakistan: questa, a voler esser cinici, l’unica certezza per il travagliato Paese del sub continente, insieme alla confortante notizia che i pakistani, nonostante le intimidazioni e i sanguinosi attentati provocati dai Taleban contro le votazioni da loro ritenute “non islamiche” (forse perché i sedicenti studiosi di Corano non sanno che nelle società islamiche si vota fin dalla morte del loro profeta Muhammad, nel 632) si sono recati in massa alle urne, tanto che molti sono stati intrappolati in lunghe file e si sono lagnati di non poter esercitare il diritto di voto in quanto i seggi si sarebbero chiusi prima che essi vi potessero accedere. Questa difficoltà viene ora sfruttata dai due principali contendenti della Lega Musulmana di Nawaz Sharif, ovvero il Partito Tehrik-e Insaf guidato dall’ex giocatore di cricket Imran Khan, e il Partito Popolare Pakistano, grande sconfitto di questa tornata elettorale, per reclamare presunti brogli e irregolarità ai loro danni. Ma il divario tra loro e la Lega Musulmana è troppo ampio, il verdetto delle urne troppo chiaro, e sarà Nawaz Sharif a formare un nuovo governo, dal compito immane: si tratta di portare pace, sicurezza e stabilità in un Paese che in questi anni è sprofondato in un pericoloso clima di violenze inter etniche e inter religiose (soprattutto tra sunniti e sciiti) e in una paurosa crisi economica e energetica. Ognuna di queste sfide è piena di insidie e difficoltà, a cominciare da quella energetica. Vi sono regioni pakistane dove la corrente elettrica è presente solo per qualche ora al giorno e molti voli della compagnia di bandiera vengono di continuo cancellati per mancanza di carburante. Per cercare di ovviare tale situazione, il Pakistan ha da tempo siglato un accordo con la Repubblica Islamica d’Iran per costruire un gasdotto atto a importare la preziosa miscela acquistata da Tehran. Gli iraniani hanno completato la loro parte di costruzione, mentre il Pakistan è indietro, sia per ritardi dovuti alla corruzione (altro grave problema del Paese) sia perché il gasdotto è osteggiato da uno dei suoi principali alleati, gli Stati Uniti, che considerano l’accordo una violazione delle sanzioni emanate per isolare l’Iran. L’accordo energetico era stato siglato dal Partito Popolare Pakistano all’epoca al governo, ma pure Nawaz Sharif ne ha bisogno se vuole rimanere in carica; ma, al contempo, può permettersi di chiudere le porte al cruciale alleato americano e ai suoi cospicui aiuti monetari? Sempre in tema di alleanze, ricordiamo come Nawaz Sharif sia stato a lungo ospite dell’Arabia Saudita, allorché esautorato come premier e cacciato da Islamabad negli anni ’90, e come durante questo dorato esilio abbia allacciato stretta amicizia non solo con i padroni di casa sauditi, ma pure con molti paesi del Golfo, i quali hanno tutti contribuito alla campagna elettorale della Lega Musulmana e al ritorno del Leone del Panjab sulla scena. Che cosa reclameranno, ora, questi generosi alleati? Di certo la rottura di ogni legame con l’Iran, loro acerrimo nemico, e poco male se intendono supplire loro l’energia di cui Islamabad ha bisogno; ma, purtroppo, le sunnite monarchie del Golfo hanno altresì ingaggiato una lotta senza quartiere contro gli sciiti. Reclameranno ora da Nawaz Sharif la stessa durezza da loro impiegata nei confronti dei sudditi sciiti, chiedendo a Islamabad di reprimere con forza questa fazione minoritaria? Se così fosse, il Pakistan si troverebbe in piena guerra civile, dilaniato dalla lotta tra sunniti e sciiti oltre che dalle crescenti tensioni ai confini con l’Afghanistan, dove comandano i Taleban verso i quali Sharif dimostra da sempre un atteggiamento ambiguo, così come si rivela tenero nei confronti di estremisti e gruppi militanti interni. Al momento, Nawaz Sharif si gode la vittoria, e, da politico consumato, parla solo di rinnovati accordi commerciali con il nemico di sempre, l’India, al quale aveva già ammiccato durante il suo mandato, prima di essere cacciato dai militari nel 1999. Del resto Nawaz Sharif è pure un abile e ricco commerciante e se non saprà fare il bene del suo Paese sarà senz’altro capace di aumentare le sue già considerevoli ricchezze.

pubblicato ne Il Giornale di Brescia 14/5/2013